lunedì 17 novembre 2014

Intervista: Nadia Perreca e "Sotto la mia pelle"



Oggi ospito un'altra autrice, Nadia Perreca, giovane italiana con il suo primo lavoro, pubblicato dalla Società Editrice Montecovello! Ma lascio a lei la parola, che è molto più interessante.



Finché ci scaldiamo, parlaci un po' di te. Chi sei, cosa fai nella vita e quali sono i tuoi hobby?

Ciao! :) Innanzitutto ti ringrazio per questa opportunità. Mi chiamo Nadia, ho 22 anni e sono un’ingegnere per metà. Lo scorso marzo mi sono trasferita a Torino per proseguire gli studi di Laurea Magistrale e la mia vita è cambiata totalmente. Vivere da sola, in una nuova città, circondarmi di persone da tutto il mondo… è fantastico! Non potrei essere più felice. Tuttavia lo studio assorbe pienamente il mio tempo e le mie energie e mi concede di dedicarmi poco ai miei hobby. Nel tempo libero vado in giro, scrivo, ascolto musica. E continuo a chiedermi come ho fatto a finire ad Ingegneria :)

Quando, per la prima volta, hai desiderato essere una scrittrice?

Sono abbastanza certa che sia stato in quinta elementare, quando decisi che volevo scrivere la sceneggiatura per la recita di fine anno. E la scrissi! La mia maestra stentava a crederci, era così sorpresa ed entusiasta che la mise in scena.

Introduci "Sotto la mia pelle".

“Sotto la mia pelle” è il mio primo romanzo.
Il libro racconta una storia semplice ma intensa, che colpisce in pieno la giovane protagonista, Andie, scuotendola dallo stato di inerzia ed aridità emotiva in cui era sprofondata dopo una serie di dolorosi eventi che hanno irrimediabilmente segnato la sua vita e la sua personalità.
Attraverso gli occhi e i pensieri di Andie ho cercato di descrivere il modo in cui un cervello particolarmente complesso elabora i sentimenti: il dolore, la perdita, l’amore. Soprattutto l’amore.
È una storia su quel delicato eppure incredibile processo che è la rinascita; sulla speranza, sulla volontà di guarire, sul coraggio di ricominciare.

Come è nata questa tua opera? Per quanto tempo l'hai fatta crescere prima di considerarla finita?

Quest’opera è nata circa dieci anni fa, battuta su risme e risme di fogli con una vecchia e rognosa macchina da scrivere, ed è rimasta nel cassetto per tutto questo tempo. Non l’avevo mai riletta fino al giorno in cui un mio amico mi ha chiesto di darci un’occhiata. Il suo parere positivo mi ha convinta a tuffarmi nella lettura e, colpita da quanto non ricordavo neppure di aver scritto, mi sono rimessa al lavoro.
Avevo una trama principale, una serie di filoni secondari e molti personaggi per un totale di circa trecento pagine. Ho fatto tagli drastici: molti personaggi sono andati perduti e le trame secondarie praticamente scomparse. In meno di un mese ho ultimato la stesura di una nuova versione della storia, più essenziale e curata. Il lavoro più duro è stato effettuare la trasposizione di vicende puerili ad un livello quantomeno adolescenziale senza perdere i sentimenti, la genuinità, la passione di cui erano intrisi e il modo semplice in cui queste emozioni erano state trasmesse. Così un concerto è diventato un viaggio e un centro commerciale è diventato Londra. Ma ho tenuto qualcosa, ed è qualcosa che nessuno immaginerebbe mai!
Il momento in cui l’ho considerata finita è quello in cui ho “avuto”, letteralmente, il finale. È servita poco più di una notte e poi tutto è venuto da sé.

Perché hai voluto pubblicare questo volume?

Come ho detto, ero poco più di una bambina quando ho cominciato a scrivere questo romanzo, eppure avevo molto chiaro quali erano le cose che valeva la pena tenersi strette  nella vita e, dunque, di cui avrei voluto scrivere (se mai avessi potuto farlo!).
Ritrovare queste cose tra quelle pagine è stato devastante ma anche incredibilmente illuminante; è successo in un periodo della mia vita in cui stavo per perderle e ho capito che non era giusto. Ho voluto pubblicare perché mi sentivo in debito con quella bambina, perché dovevo rendere onore ai suoi sogni e, soprattutto, perché così non li avrei lasciati andare.  

Scegli una frase del tuo libro e parlacene. 

“Il fatto che io riesca ad amarti prova che c’è ancora qualcosa di umano, in me, che merita di essere salvato. C’è qualcosa di buono che posso tenere con me, qualcosa per cui vale la pena tirare avanti. Qualcosa che perderei se dovessi morire e che io non voglio perdere. Quindi sì, Christian. Ora ho paura di morire”.
Questa è decisamente la mia frase preferita. È un pezzo che sintetizza un po’ quanto ho spiegato prima, che descrive l’essenza del romanzo in modo diretto, brutale, disarmante. 

Se dovessi descrivere "Sotto la mia pelle" in 5 parole, quali useresti? Perché?

Se proprio non posso usarne sette, direi: speranza, volontà, dolore, rinascita, amore.
Sono l’emblema del significato più profondo del libro nonché, per citarne una frase, alcune delle “cose per cui vale la pena”.

Il tuo romanzo si apre in modo particolare, dove dichiari che ogni autore s’inserisce nel proprio scritto con uno pseudonimo quando parla in prima persona. Lo ritieni assolutamente vero?

Sì. Credo che sia molto difficile distaccarsi completamente dai propri personaggi, soprattutto quando si è alle prime armi. Probabilmente non è più così nel momento in cui si acquisisce una certa esperienza e ci si rapporta alla scrittura in modo più maturo e professionale.

Tu ed Andie siete quindi la stessa persona?

No, assolutamente. Andie ha certamente molti tratti in comune con me, ma non sono io.
Probabilmente lei è la ragazza che ambivo ad essere quando la creai, dieci anni fa, giacché la dotai di due pregi inestimabili: un’indomita forza e un’assoluta bontà d’animo.  
Nella mia testa, lei è talmente ben definita e caratterizzata che a volte la penso come fosse una persona reale, una di quelle che conosci a fondo. Una cara amica, una sorella.

Cosa ti rappresenta di più all'interno di questa storia, al di là dei personaggi?

Il modo in cui Andie osserva prima Christian e poi Londra; quello sguardo curioso, attento, adorante. Quel senso di meraviglia.
Ecco: ad Andie ho dato i miei occhi, il mio modo di guardare.

Quale significato ha essa per te?

È un nodo che tiene insieme passato e presente. Quella storia mi ricorda cosa volevo essere quando ero bambina e, si sa, i bambini ci vedono sempre lungo.

C'è un messaggio particolare che vorresti i tuoi lettori recepissero?

Mi piacerebbe che riuscissero a leggere tra le righe quello che reputo davvero importante della storia, aldilà della trama di fondo, ovvero i sentimenti di cui è intrisa, il grido di speranza. Perché capita a tutti di toccare il fondo, ma non sempre si è in grado di risalire dal baratro ed in quei momenti c’è bisogno di ricordare a se stessi che c’è sempre qualcosa per cui vale la pena tener duro ed arrampicarsi, verso la luce.

Cosa ritieni renda speciale questo romanzo?

Credo che sia disarmante.
Nelle prime pagine la storia ti colpisce come un pugno in faccia e poi ti da il tempo di riprenderti, di elaborare, finché quasi dimentichi perché ti aveva colpito. Fino a farsi perdonare!
È a quel punto che lei torna a colpire ma lo fa in modo diverso, più sottile, più viscerale.
Molti neppure se ne accorgono: sono quelli che non hanno capito il finale. Perché alla fine il finale è… complicato. Enigmatico, ma non impossibile da non capire.

A che pubblico ti rivolgi?

Ad un pubblico attento.

Vorresti aggiungere qualcosa che ritieni importante il pubblico sappia o capisca, prima d’iniziare la lettura?

No! Non voglio influenzare in nessun modo la lettura e la percezione della storia.

Hai pubblicato altri libri o racconti? Vuoi parlarcene brevemente?

Questo è il mio primo romanzo, ma non escludo che potrebbero essercene altri ! Ho il computer così pieno di file :-)

Quali progetti letterari prevedi in futuro?

Questo romanzo è incentrato sulla rinascita. Credo che ne scriverò un altro sul cambiamento: è un processo estremamente complesso, affascinante, di cui sento di poter scrivere tanto e bene. Probabilmente spiegherò cosa è successo tra i capitoli 20 e 21 :-)
C’è poi una storia di genere fantasy che tesso silenziosamente, un po’ nella mente e un po’ su carta, a cui ho promesso di dar vita. È una sfida onerosa perché si tratta di una trama complessa e di un genere molto lontano da quello esistenziale, cui mi sento più propensa, ma proprio per questo mi stimola tantissimo. 


Ringrazio infinitamente Nadia e vi consiglio sul serio di leggere la sua opera, presente solo in cartaceo, Sotto la mia pelle.

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