Questo post avrebbe dovuto allietarvi ancora ieri, ma ho avuto dei contrattempi tecnologici. Non perdo altre parole e vi lascio alla lettura di questo nuovo guest post di Marco Lazzara e vi rimando, oltre che invito, a leggervi anche (se già non l'aveste fatto) il suo primo guest post su questo blog, Psicologia e Letturatura, dove troverete anche una sua breve bibliografia.
Maria, che ancora una volta è così
gentile da ospitarmi nel suo blog, è autrice di una raccolta poetica intitolata
“Cristalli di Vita”. Ciò mi dà l’occasione per parlare ancora di due saperi che
ai più sembrano essere agli antipodi: scienza e letteratura, o meglio, in
questo caso:
Chimica e Poesia
di
Marco Lazzara
Che cos’è un cristallo? No, non sono
“quelle cose che luccicano”. Si tratta di sostanze allo stato solido, che hanno
un’organizzazione strutturale estremamente ordinata e regolare. Se invece non ce
l’hanno vengono chiamati solidi amorfi.
Per me i cristalli sono una
rappresentazione della poesia. Prendete un sonetto: due quartine e due terzine
di undici sillabe ognuna, con un preciso schema di rime. Ovvero una struttura
estremamente ordinata e regolare.
Esistono però anche poesie in versi liberi,
senza uno schema di rime. Potrebbero essere considerate gli amorfi della
poesia. Amorfo però non è qualcosa di brutto, anzi: per esempio il saccarosio
(lo zucchero da tavola) non cristallizza, è un solido amorfo.
Chimici
e Poeti (I)
Sir Humprhry
Davy è stato uno dei più grandi chimici del XIX secolo. Ma era anche un poeta,
amico di Wordsworth, Coleridge e Byron. Tra le altre cose è stato lo scopritore
del protossido di azoto (il gas esilarante, un importante anestetico).
Coraggiosamente aveva provato su di sé gli effetti della sua scoperta e li aveva
riportati in versi:
On Breathing the Nitrous Oxide (mia libera traduzione)
Nemmeno nei più sfrenati sogni di
selvaggio desio
Ho avvertito una tale estasi prender
forma
Il cuore mi brucia di un fuoco profano
E già il viso mi s’infiamma di rosso
colore
E gli occhi son pieni di luccicanti
bagliori
E la bocca mi si riempie di suoni
frementi
E le membra mi treman di segrete movenze
Rianimate da una potenza appena
sbocciata.
Chimici
e Poeti (II)
Il miglior esempio del connubio tra
Chimica e Poesia è però quello dato da Alberto Cavaliere. Quand’era studente
all’università, venne bocciato all’esame di Chimica Generale. Gli venne così l’idea
di rendere l’intero corso in versi; si ripresentò poi all’esame rispondendo
alle domande con le sue rime. Il professore rimase dapprima spiazzato e poi
meravigliato dalla sua abilità poetica, e questa volta lo promosse. Cavaliere
pubblicò poi le sue rime nel libro “Chimica in Versi”. Eccone un estratto che
parla della chimica organica.
I
composti del carbonio
sono in numero gigante
e compongon gli organismi
delle bestie e delle piante.
[...]
Fra
i caratteri ai composti
del carbonio peculiari,
è che in essi assai prevalgono
i legami non polari,
e
perciò gli atomi assumono
posizioni assai svariate,
dando origine a molecole
da stessi atomi formate,
mentre
i corpi risultanti
differiscon tuttavia
ed è questa, in fondo in fondo,
la famosa isomeria.
Chimica
allo Specchio
Quando due molecole hanno gli stessi
atomi, ma organizzati oppure orientati in maniera diversa, abbiamo due isomeri.
Vedete queste due molecole che si
guardano allo specchio? Sembrano uguali, vero? Invece non lo sono, perché la loro
disposizione spaziale è diversa, per cui alcune loro proprietà sono diverse.
Di questo ha parlato anche Roald Hoffmann
(Premio Nobel per la Chimica nel 1981) nel suo libro "La Chimica allo
Specchio" (Longanesi), dove esplora le tematiche dell’identità sia da un
punto di vista chimico che artistico e letterario. Eccone un passaggio secondo
me molto interessante.
“Non
ci sono molecole cattive, ci sono solo esseri umani malvagi. Le molecole
sono molecole. I chimici e gli ingegneri ne fanno di nuove e trasformano quelle
vecchie. Altri ancora nella catena dell’economia le vendono e tutti noi le
vogliamo e le usiamo. Ciascuno di noi ha un ruolo nell’uso e nell’abuso
delle sostanze chimiche. Ed ecco il mio punto di vista rispetto alla
nostra responsabilità sociale verso gli altri esseri umani. Vedo gli
scienziati come attori in una tragedia classica. Essi (noi) sono
condannati dalla loro natura a creare. Non esiste la maniera di evitare di
indagare su ciò che è in noi o attorno a noi. Non possiamo chiudere gli
occhi davanti alla creazione o alla scoperta. Se tu non sintetizzi quella
molecola, lo farà qualcun altro. Allo stesso tempo credo che gli
scienziati hanno la grandissima responsabilità di riflettere sugli usi della
loro creazione, persino sugli abusi che altri possono fare. E devono fare
tutto ciò che è loro possibile per rendere pubblici sia i pericoli che gli
abusi. Se non lo faccio io, chi lo farà? Anche a rischio di perdere
il lavoro, di venir umiliati, essi devono vivere con le conseguenze delle
proprie azioni. E questo ne fa attori tragici, non eroi comici né li pone
su un piedestallo. Ed è questa responsabilità verso l’umanità che li rende
umani.”
In
Conclusione
Mi capita spesso di sentir parlare della
Chimica come di una materia fredda, noiosa, brutta. Non è così; all’interno del
proprio DNA culturale ha magia, colore e un’incredibile ricchezza, che molti personaggi straordinari hanno saputo arricchire
ulteriormente attraverso la letteratura, la poesia e persino l’arte.
Ringrazio infine Marco per questo bellissimo intervento e lascio a voi la parola, se volete dirgli qualcosa!