sabato 18 maggio 2013

Un regalo ambiguo

Ecco a voi un racconto scritto per un concorso contro l'omofobia (vorrei ricordare che lo era ieri, il 17 Maggio), indetto da Ama Chi Ti Pare. Non per fare accettare una diversità, ma per far capire, come scrivevano nel loro bando, che diversità non c'è.
È il mio primo racconto a vincere un concorso! E mi è d'obbligo un ringraziamento a Romina Tamerici per i suoi consigli. :)
A differenza di quello che avevo annunciato da un'altra parte, non ci sarà il video della presentazione, poiché la mia macchina fotografica non aveva abbastanza spazio di memoria. Se però mi sarà possibile, inserirò l'audio che dovrei riuscire a procurarmi.
Spero vi piaccia!



    Simone sentiva che era valsa la pena di aspettare diciassette anni: ora, finalmente, aveva un ragazzo. Sì, proprio un ragazzo, un altro maschio come lui. Quando, un paio di anni prima, aveva realizzato che il suo disinteresse per le femmine era invece un desiderio per i maschi, si spaventò. Ma Miriam, la sua migliore amica, non fece una piega e gli rimase accanto. Fu solo grazie a lei che si decise a fare outing con la loro compagnia di amici e che Enrico, uno dei loro amici e anche suo compagno di classe, si era quindi fatto avanti con lui.

  Simone sorrise, alzandosi i corti capelli biondo paglia usando un po’ di gel. Non vedeva l’ora di uscire di casa e precipitarsi dall’amica a raccontarle tutto. Era così eccitato all’idea di ciò che doveva raccontarle che fu più forte di lui prepararsi con cura: i suoi migliori jeans neri, la camicia rossa, il gilet sempre in jeans nero e le scarpe da festa.

  Sentiva che i suoi occhi grigi ghiaccio luccicavano. Prese il casco blu e le chiavi dello scooter dalla mensola della sua camera, sfrecciando poi al piano inferiore.
  «Mamma, vado da Miriam!», gridò.
  Poi uscì rapido dal garage. Così, però, non vide il regalo che Enrico, passando per quella strada al ritorno da scuola, gli aveva lasciato sulla porta di casa.

  Silvia, sua madre, stava spazzando il pavimento e a malapena riuscì a salutarlo. Sentì però il profumo con cui il figlio si era spruzzato.
  Che succede? Simone che si fa bello per andare da Miriam?, pensò.
  «Si è finalmente accorto che è una ragazza e pure bella?», si chiese ad alta voce, con speranza.
  Volse lo sguardo verso la finestra del salotto, da cui lo vide immettersi sgommante in strada. Decise che più tardi avrebbe indagato. Scosse lievemente la testa e aprì la porta d’entrata per buttarne fuori la polvere, ma un pacco colorato sul tappetino d’ingresso la bloccò. Appoggiò la scopa al muro, passò le mani sudate sui pantaloni blu notte, si piegò e lo raccolse. Vi era anche un bigliettino bianco, ripiegato con cura, sulla cui facciata era elegantemente scritto a mano “Per Simone”.
  La curiosità della donna ebbe il sopravvento e, dopo essersi sistemata la maglia bianca, alzatasi quando si era chinata in avanti, lo aprì.



Caro Simone,
sono veramente felice per oggi. Sinceramente non ci speravo, che saremmo stati un “noi”. Per festeggiare, eccoti un piccolo pensiero. Spero ti piacerà. Non vedo l’ora di vederti.


  La delusione di Silvia fu grande nel constatare che non c’era una firma e per poco non abbandonò sconsolata il pacco sul tavolo della cucina. Poi mise a fuoco ciò che era veramente importante: era un regalo da parte di un’amante! Suo figlio aveva una ragazza. Che sicuramente non era Miriam, la donna ricordava bene la sua scrittura.
  Fissò il biglietto mezza impietrita. Lo rilesse in fretta: diceva “che saremmo stati un noi”. Suo figlio aveva la ragazza e ci aveva fatto sesso! A scuola! Silvia per poco non svenne.
  Appena si riprese, si diresse a passo di marcia fino allo studio di Giulio, suo marito, fermandosi sulla porta. Lo squadrò da capo a piedi con i suoi occhi verdi, sistemandosi il ciuffo nero. Simone aveva preso tutto da lui, d’aspetto. Anche lo stile del vestire era simile, sebbene l’uomo preferisse i maglioncini alle camicie. Sul carattere si poteva discutere.
  Giulio alzò gli occhi dalla rivista di giardinaggio, appoggiando comodamente la schiena alla sua poltrona rossa. Conosceva bene lo sguardo che sua moglie aveva in quel momento.
  «Cosa c’è, cara?».
  «Nostro figlio ha la ragazza!».
  L’uomo annuì e ritornò alla sua rivista.
  «Va bene, cara».
  Lo fissò per un po’. Tossicchiò, irrequieta.
  «Amore, Simone ha la ragazza. Hai presente? Si è deciso a mettersi con qualcuna».
  Giulio, realizzando la notizia, alzò la testa di scatto e strabuzzò gli occhi. La rivista gli cadde di mano e afferrò i braccioli della propria poltrona.
  «Simone? Si è messo a posto? Con chi?».
  La donna scosse il capo e gli porse il biglietto che aveva portato con sé, avvicinandosi. Lui lo prese in fretta e lo lesse, con avidità. Si scambiarono uno sguardo e l’uomo sorrise complice. Poi si accorse del disagio della moglie.
  «Cosa c’è che non va, Silvia?».
  «Hanno fatto sesso, a scuola! Leggi bene il biglietto».
  Giulio lo rilesse e sbiancò. Poi iniziò a ridere.
  «Mio figlio è un rubacuori!».
  Lei scosse la testa, disperata, tenendosi il capo tra le mani.
  «Sarò nonna a breve! Si dovrà sposare!», esclamò melodrammatica.
  Il marito la fissò dapprima con sorpresa, poi con sufficienza.
  «Amore, non penso che sia uno sprovveduto, sarà stato attento».
  I due si guardarono per un po’, annuendo. Sì, il ragazzo si sarebbe ritrovato nel bel mezzo di un interrogatorio.

  Simone tornò a casa che era ormai ora di cena. Si sentiva così bene: era rilassato e felice. Non ne poteva certo fare parola con i suoi genitori, però. Non era sicuro avrebbero capito, non suo padre. Respirò a fondo e s’incamminò lungo il corridoio, lasciando chiavi e casco sul tavolino all’entrata del salotto.
  «Sono tornato!».
  «Ciao Simone», cantilenò Silvia.
Il ragazzo si tese. Perché sua madre usava quel tono? Cos’era successo? Alzò gli occhi per guardarla. La donna gli sorrideva ampiamente, gongolando. Lui si schiarì la gola, notando suo padre che arrivava dalla cucina annessa. L’uomo aveva il sorriso trionfante di qualcuno che la sa lunga.
«Cosa sta succedendo?», chiese con un brutto presentimento.
«Chi è lei?», proseguì la donna.
Simone la fissò interdetto. La donna continuò.
«La ragazza da cui sei andato oggi!».
«Mamma, sono andato da Miriam…».
«Quindi ti sei fatto bello per lei?», intervenne Giulio.
Simone si sentì arrossire. Scosse la testa.
«No, cioè sì, ero allegro, mi è venuta voglia!».
«Sì o no?», riprese la madre.
«Circa!», strillò lui.
Silvia ridacchiò e si avvicinò al figlio, ancheggiando.
«Quindi è di Miriam questa scrittura?».
Gli porse il bigliettino. Simone sbiancò. Aveva finalmente capito di cosa parlavano, era indubbiamente la grafia di Enrico. Dove avevano trovato quel foglio? Non l’aveva mai visto prima. La donna sembrò leggergli nella mente.
«L’ho trovato con un regalo sul tappetino d’ingresso, subito dopo che te ne sei andato».
Il diciassettenne respirò a fondo.
«No, vi sbagliate».
«Non siamo ciechi, ragazzo», intervenne Giulio.
Simone si limitò a scuotere il capo, respirando a fondo. La madre iniziò a girargli attorno, come avrebbe fatto un avvoltoio.
«Dai, come si chiama? È bionda, mora? Alta o bassa?».
«Niente di tutto ciò!», cercò d’interromperla il figlio, ma la donna continuava in congetture, supportata dal marito nell’arricchire di dettagli quest’ipotetica giovane.
«Non ho una ragazza», quasi urlò Simone.
La donna, dopo un istante di stasi, si volse disperata verso il marito.
«Visto? Oddio, oddio!».
Simone la fissò interdetto. Rivolse poi lo sguardo al padre, che sospirò.
«Quindi è stato un episodio di sesso occasionale?», cominciò ad interrogarlo lui.
Il ragazzo divenne di mille colori, strabuzzando gli occhi. Alzò le braccia al cielo, in segno di resa.
«No! Che vi è preso? Niente di tutto questo!».
Nel frattempo la madre elencava con foga la lista di tutte le cose che avrebbe dovuto organizzare per il matrimonio e il futuro bambino, girando irrequieta in tutta la stanza. Il figlio rabbrividì.
«Mamma, calmati! Non ho fatto sesso con nessuno, ho soltanto detto che non è una ragazza!».
«Sicuro, questo te l’ha dato un ragazzo!», scherzò isterica sua madre, fermandosi a guardarlo. Ma il silenzio che seguì servì da assenso a quella frase detta con leggerezza. E si scatenò il putiferio.
«No, non può essere! Ti vieto di stare con un uomo! Tu sei un uomo, devi stare con una donna!», sbraitò il padre. Era divenuto paonazzo e gesticolava come se picchiasse l’aria.
Simone lo fissò duramente, ferito.
«E tu sei un imbecille!».
«Come osi parlarmi così, insolente?!».
«L’insolente sei tu! Guardati! Ti fanno schifo gli omosessuali? Bene, a me fanno schifo gli uomini come te e sono contento di essere un figlio che disprezzi!».
Entrambi tremavano di rabbia. Giulio era senza parole e si avvicinò a Simone, alzando una mano per caricare uno schiaffo.
«Fermatevi!».
Silvia si avvicinò a loro, con il fiato corto. Li fissò a turno, sventolando il bigliettino per farsi aria.
«Siete forse impazziti? Vi sembrano cose da dire?».
Si voltarono entrambi verso di lei aprendo bocca, ma la donna alzò le mani per fermarli.
«Giulio caro, io so che non sei una cattiva persona. Sono scioccata quanto te da questa notizia, ma la tua reazione è esagerata». Silvia abbassò le mani e si rivolse poi al figlio. «Simone, tu sei stato veramente maleducato con tuo padre. Lo sai che si scalda con poco. Io voglio fare un discorso civile con te, per cui sei sicuro che stare con un ragazzo sia la tua natura e non un’idea errata?».
Giulio incrociò le braccia, studiando il figlio come se lo vedesse per la prima volta e non gli piacesse. Il giovane lo ignorò, puntando gli occhi in quelli della madre.
«Perché dovrebbe essere sbagliato? Mi avete sempre insegnato che devo amare chi mi tratta bene. Enrico lo fa e io sono sicuro di quello che provo per lui. Questo è quanto».
Il padre uscì a grandi passi dal salotto, raccogliendo un cuscino dal divano e lanciandolo dalla parte opposta della stanza.
«Sei pazzo Simone, pazzo! Ti farò curare!», urlò senza guardarlo, con disprezzo.
Il ragazzo si passò una mano sul viso e ritornò a fissare la madre, dopo aver visto ciò che faceva il genitore. Lei lo osservò, mentre tremava, e poi lo abbracciò.
«Tesoro, con tuo padre ci parlerò io, ok?».
Il diciassette ricambiò la stretta, con un singhiozzo. Silvia si separò da lui e gli sorrise forzata, prendendogli il viso tra le mani.
«A me basta che tu sia felice. Questo ragazzo, Enrico, è in grado di farti sentire bene?».
Simone annuì, con gli occhi lucidi. La madre gli lasciò andare il viso e sorrise questa volta con autenticità.
«Allora adesso lo voglio conoscere. Con papà andrà bene, non temere».
«Mi renderà tutto un inferno».
«Non dire così! Lasciagli solo del tempo. So io come prenderlo».
Si guardarono di nuovo negli occhi e si abbracciarono sorridenti, sentendosi più vicini che mai. Poi Silvia sussurrò dolce:
«Andiamo ad aprire quel regalo!».
 

P.S. E se vi chiedete cosa sia il regalo... Eheheh. :D Chiedete e vi sarà detto. XD

6 commenti:

  1. Sono venuta a curiosare, dato che ricordavo il titolo! Complimenti per la vittoria.
    I ringraziamenti non erano necessari, sai che ti do una mano con piacere.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. I ringraziamenti sono d'obbligo! E' giusto che gli aiuti vengano riconosciuti.

      Elimina
  2. Mi sembra che abbia interpretato bene il tema del concorso. In molte famiglie purtroppo non va a finire così bene - c'è persino chi si dà fuoco in chiesa per testimoniare contro questo tipo di amore. E complimenti per la vittoria!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. No, purtroppo lo so che non finisce bene (spesso). Ma volevo qualcosa di positivo, di fiducioso. Sono ottimista. :)
      E grazie per il commento e i complimenti! :)

      Elimina
  3. E il regalo, cos'era? :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Arnie, che piacere! :)
      Il regalo era... un semplicissimo, banalissimo, libro. ;)

      Elimina