“Il dolore esige di essere vissuto”
Dolore: di questo parla il film.
Parla di quel dolore, quello vero, che
permea la vita. Dell’ineluttabilità degli eventi, di sogni che continuamente si
infrangono, di una malattia che ti conduce mano nella mano un passo più vicino
alla fine della tua vita, anche se tu sei solo un ragazzo che dovrebbe avere un
lungo futuro innanzi a sé.
Così si potrebbe vedere l’esistenza di
Hazel Grace Lancaster, la sedicenne protagonista femminile della pellicola.
Avrebbe dovuto cedere ancora anni prima al cancro alla tiroide esteso ai
polmoni, suo compagno fisso incarnato in una indispensabile bombola d’ossigeno,
ma il destino sembra averla “graziata” nonostante tutto. Ancora lì, si sente
col fiato della morte sul collo e per questo la madre, vedendola depressa, la
sprona ad andare a un gruppo di sostegno. Non che la scelta le piaccia, ma di
nuovo il destino ha un dono per lei: farle incontrare il diciottenne Augustus
Waters, un sopravvissuto al cancro in cambio della gamba destra.
Il loro è letteralmente uno scontro, due
personalità accumunate dalla stessa malattia ma forgiate in modo diverso. Per
entrambi una buona quantità di cinismo, una diversa misura del bello e del
brutto, in qualche modo diverse aspettative. Ma mentre Hazel rimane più rivolta
a una certa serietà e compostezza, Augustus si rivela ottimistico e frizzante.
E tra di loro scatta un amore come tanti altri, se non fosse a entrambi ben
chiara l’incertezza fisica di quanto potrebbe durare.
Questa è l’atmosfera parallela che permea
l’intero film, tratto dall’omonimo libro: da un lato il cancro, il dolore, la
sofferenza. La vita che ti colpisce sempre, non esiste il momento buono o
cattivo, esistono solo i giorni più o meno buoni. D’altronde sarà Hazel stessa
nei primissimi minuti a spiegarci che questa storia sarà una storia triste.
Eppure non manca il sorriso, non manca una forma di speranza, non manca nemmeno
l’umorismo. La malattia non viene vissuta come qualcosa di cui disperarsi,
semmai un’attesa: un’attesa da prolungare il più possibile, da riempire con
l’esistenza migliore che si possa avere. Perché dopotutto sono anche loro
adolescenti, dopotutto hanno anche loro dei sogni. Augustus desidera con ardore
essere ricordato; Hazel ha molte domande su “Un’afflizione
imperiale”, il suo libro preferito in cui si immedesima molto: tutte
domande che, in verità, rappresentano il grande mistero di cosa ci si lascia
dietro una volta che si è abbandonato questo mondo.
Ancora quindi continua questo bizzarro
parallelo, un contrasto tra due adolescenti alla loro prima esperienza, una
storia che potrebbe essere davvero vista come poco più di un racconto
romantico, e la consapevolezza matura della vulnerabilità di te stesso e di chi
ti circonda, del fatto che la morte ti aspetta in ogni momento. Ma il tutto
viene raccontato in modo così dolce e leggero che, se non fosse per la
sopracitata bombola d’ossigeno, a tratti ci si potrebbe quasi dimenticare che i
nostri protagonisti sono ammalati e vivono in un costante stato di sofferenza e
disabilità fisica. Perché sì, perché anche se hai a tuo modo accettato il tuo
destino, non è un’accettazione completa e la senti ingiusta. Ma allora che
fare?
“Non puoi scegliere di non soffrire a
questo mondo, ma puoi scegliere per chi soffrire” viene saggiamente detto. Io
oserei aggiungerei “e con chi”. Questo è ciò che Hazel e Augustus fanno, questo
è ciò che ciascuno di noi dovrebbe fare e ricordare. Se coloro che di motivi
per avanzare ne hanno pochi, eppure li trovano, diventa da irresponsabili
abbandonarsi per i dolori quotidiani che si possono provare, per le sfortune
più o meno frequenti, per delle giornate storte che, però, si possono successivamente
sistemare.
Ripetendoci solo che “se vuoi l’arcobaleno devi sopportare
la pioggia”. Perché l’arcobaleno merita sempre, fosse unicamente una sbiadita e
fugace apparizione. Senza scordare che i bei ricordi e le intense emozioni,
almeno loro, rimangono nonostante tutto.
Voi l'avete visto? Cosa ne avete pensato?
Avete magari letto il libro?
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