venerdì 31 maggio 2013

Il Pescatore - Fabrizio de André



All'ombra dell'ultimo sole
s'era assopito un pescatore
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso.

Venne alla spiaggia un assassino
due occhi grandi da bambino
due occhi enormi di paura
eran gli specchi di un'avventura.

E chiese al vecchio dammi il pane
ho poco tempo e troppa fame
e chiese al vecchio dammi il vino
ho sete e sono un assassino.

Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno
non si guardò neppure intorno
ma versò il vino, spezzò il pane
per chi diceva ho sete e ho fame.

E fu il calore d'un momento
poi via di nuovo verso il vento
davanti agli occhi ancora il sole
dietro alle spalle un pescatore.

Dietro alle spalle un pescatore
e la memoria è già dolore
è già il rimpianto d'un aprile
giocato all'ombra di un cortile.

Vennero in sella due gendarmi
vennero in sella con le armi
chiesero al vecchio se lì vicino
fosse passato un assassino.

Ma all'ombra dell'ultimo sole
s'era assopito il pescatore
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso.

Altra canzone bellissima, del grande Fabrizio de André. E come molte delle sue canzoni, ha un ritmo vivace e coinvolgente, ma… cela significati profondi e tutt'altro che positivi. Siccome la canta due strofe alla volta, anch’io l’analizzerò così.

Quindi le prime due strofe: chi, dove e quando. Un pescatore, un assassino, al tramonto, su una spiaggia. Direi che già qui è interessante come ci sia subito specificato che il nuovo arrivato sia un assassino: ritengo crei una certa tensione nell’ascoltatore. Che accadrà mai, ora?
Terza e quarta strofa: l'interazione tra i due personaggi. L'assassino si rivolge al vecchio, senza celargli la sua identità. E, sorpresa, quest'ultimo gli dà pane e vino, senza indugiare, senza paura. Vi è qui un chiaro riferimento al cristianesimo: "versò il vino, spezzò il pane", come Gesù all'ultima cena. Però mi fermo, questo filo meglio riprenderlo a riflessione terminata...
Cinque e sei: l'assassino mangia e se ne va. Ho sempre pensato "bene, tutto a posto!". Lui se ne va e si lascia tutto alle spalle. Io credevo che De André, con quelle parole, si riferisse all'omicidio da poco compiuto, che l'aveva reso un assassino, ma un'analisi più attenta ci fa notare che il suo rimpianto è per l'infanzia perduta. Infatti qui si viene a creare il culmine del contrasto tra i due uomini: un vecchio, calmo e pacifico, che riposava; un assassino, paragonato ad un bambino impaurito, nel pieno di una fuga.
Infine, le ultime due strofe: i gendarmi, alla ricerca dell'assassino, si avvicinano al vecchio e gli chiedono se ha visto l'assassino. E a prima vista, sembrerebbe che egli non risponda ai gendarmi, continuando a dormire. Ci provoca un grande stupore l'ultima strofa, poiché dopo averlo nutrito, lo aiuta a scappare. Oppure...
Oppure, il vecchio è morto. Difatti "all'ombra dell'ultimo sole", solitamente inteso come il tramonto, è più poeticamente comprensibile come il tramonto della vita di quell'uomo. Ed ecco che si ritorna a Gesù e l'ultima cena: egli diede da mangiare anche a chi poi lo tradì. Se aveste ancora qualche dubbio su questa similitudine, il vecchio è un pescatore, com'era Gesù stesso (pescatore di uomini, quantomeno). E così, come il Cristo, fa il vecchio, successivamente assassinato.
Perché quel "solco lungo il viso, come una specie di sorriso" altro non è il taglio di una lama sul collo, la cui forma a mezzaluna, partendo dall'alto e tornando all'alto, ricorda (ironia?) proprio un sorriso.

Ecco QUI il link per la canzone.

lunedì 27 maggio 2013

Cristalli di Vita

Questo, per quanto piccolo, è in verità un grande momento per me. Sì, insomma... Sono riuscita a pubblicare il mio primo libro, e presso una casa editrice!
Non si tratta di narrativa (per ora!), ma di poesie. Però non posso non dire che sono felicissima lo stesso.
Sì, il mio Sogno era quello di pubblicare un libro e adesso SI E' AVVERATO.
Ora sto scoprendo un nuovo lato della medaglia... La paura per i commenti che ne deriveranno e se interesserà a qualcuno. :D Ma va bene così, alla fine. Sperando in bene. <3
Cosa potrei dirvi per presentare al meglio il mio libro, fingendomi professionale?
In verità non lo so. Non mi sento di urlarvi "leggetelo, altrimenti...", anche perché non ne ho l'autorità. Posso solo dire che questo libro è una parte di me.
Le poesie al suo interno sono cresciute con me, si sono sviluppate nel corso di sei (forse sette) anni, quelli della mia adolescenza, quelli del mio primo amore, delle mie paure più grandi.
Non che ora io sia poi uscita di molto da quel periodo... :D Però ecco, alla fine ho deciso che VOLEVO pubblicarle. Non saprei spiegare perché. Non do a nessuno insegnamenti di vita, non mi reputo una Poetessa, ma solo una ragazza a cui piace scrivere qualche poesia... saltando di palo in frasca, tra l'altro. ;) Probabilmente, però, spero che le mie poesie possano essere di conforto e di riflessione per gli altri. Anche solo una lettura piacevole, a conti fatti. E in parte, con l'ultima sezione del mio libro, dedicata alle dediche (scusate il gioco di parole), volevo far vedere ai miei amici più cari che a loro tengo e che non mi vergogno di rendere pubbliche le parole che rivolgo a loro... Di affetto, di consolazione, di elogio e così via.
Insomma, mi fermo, anche perché non saprei che altro dire. QUI è dove potete acquistare online il mio libro, Cristalli di Vita, sul sito della Società Editrice Montecovello.

lunedì 20 maggio 2013

Libertà di sognare





Assaporando dei pensieri il cullare

mentre il buio avvolge il corpo

e le membra si lasciano andare,

gli occhi si chiudono fuori

per dentro guardare

e con la pace della notte

ci lasciano liberamente sognare.

sabato 18 maggio 2013

Un regalo ambiguo

Ecco a voi un racconto scritto per un concorso contro l'omofobia (vorrei ricordare che lo era ieri, il 17 Maggio), indetto da Ama Chi Ti Pare. Non per fare accettare una diversità, ma per far capire, come scrivevano nel loro bando, che diversità non c'è.
È il mio primo racconto a vincere un concorso! E mi è d'obbligo un ringraziamento a Romina Tamerici per i suoi consigli. :)
A differenza di quello che avevo annunciato da un'altra parte, non ci sarà il video della presentazione, poiché la mia macchina fotografica non aveva abbastanza spazio di memoria. Se però mi sarà possibile, inserirò l'audio che dovrei riuscire a procurarmi.
Spero vi piaccia!



    Simone sentiva che era valsa la pena di aspettare diciassette anni: ora, finalmente, aveva un ragazzo. Sì, proprio un ragazzo, un altro maschio come lui. Quando, un paio di anni prima, aveva realizzato che il suo disinteresse per le femmine era invece un desiderio per i maschi, si spaventò. Ma Miriam, la sua migliore amica, non fece una piega e gli rimase accanto. Fu solo grazie a lei che si decise a fare outing con la loro compagnia di amici e che Enrico, uno dei loro amici e anche suo compagno di classe, si era quindi fatto avanti con lui.

  Simone sorrise, alzandosi i corti capelli biondo paglia usando un po’ di gel. Non vedeva l’ora di uscire di casa e precipitarsi dall’amica a raccontarle tutto. Era così eccitato all’idea di ciò che doveva raccontarle che fu più forte di lui prepararsi con cura: i suoi migliori jeans neri, la camicia rossa, il gilet sempre in jeans nero e le scarpe da festa.

  Sentiva che i suoi occhi grigi ghiaccio luccicavano. Prese il casco blu e le chiavi dello scooter dalla mensola della sua camera, sfrecciando poi al piano inferiore.
  «Mamma, vado da Miriam!», gridò.
  Poi uscì rapido dal garage. Così, però, non vide il regalo che Enrico, passando per quella strada al ritorno da scuola, gli aveva lasciato sulla porta di casa.

  Silvia, sua madre, stava spazzando il pavimento e a malapena riuscì a salutarlo. Sentì però il profumo con cui il figlio si era spruzzato.
  Che succede? Simone che si fa bello per andare da Miriam?, pensò.
  «Si è finalmente accorto che è una ragazza e pure bella?», si chiese ad alta voce, con speranza.
  Volse lo sguardo verso la finestra del salotto, da cui lo vide immettersi sgommante in strada. Decise che più tardi avrebbe indagato. Scosse lievemente la testa e aprì la porta d’entrata per buttarne fuori la polvere, ma un pacco colorato sul tappetino d’ingresso la bloccò. Appoggiò la scopa al muro, passò le mani sudate sui pantaloni blu notte, si piegò e lo raccolse. Vi era anche un bigliettino bianco, ripiegato con cura, sulla cui facciata era elegantemente scritto a mano “Per Simone”.
  La curiosità della donna ebbe il sopravvento e, dopo essersi sistemata la maglia bianca, alzatasi quando si era chinata in avanti, lo aprì.



Caro Simone,
sono veramente felice per oggi. Sinceramente non ci speravo, che saremmo stati un “noi”. Per festeggiare, eccoti un piccolo pensiero. Spero ti piacerà. Non vedo l’ora di vederti.


  La delusione di Silvia fu grande nel constatare che non c’era una firma e per poco non abbandonò sconsolata il pacco sul tavolo della cucina. Poi mise a fuoco ciò che era veramente importante: era un regalo da parte di un’amante! Suo figlio aveva una ragazza. Che sicuramente non era Miriam, la donna ricordava bene la sua scrittura.
  Fissò il biglietto mezza impietrita. Lo rilesse in fretta: diceva “che saremmo stati un noi”. Suo figlio aveva la ragazza e ci aveva fatto sesso! A scuola! Silvia per poco non svenne.
  Appena si riprese, si diresse a passo di marcia fino allo studio di Giulio, suo marito, fermandosi sulla porta. Lo squadrò da capo a piedi con i suoi occhi verdi, sistemandosi il ciuffo nero. Simone aveva preso tutto da lui, d’aspetto. Anche lo stile del vestire era simile, sebbene l’uomo preferisse i maglioncini alle camicie. Sul carattere si poteva discutere.
  Giulio alzò gli occhi dalla rivista di giardinaggio, appoggiando comodamente la schiena alla sua poltrona rossa. Conosceva bene lo sguardo che sua moglie aveva in quel momento.
  «Cosa c’è, cara?».
  «Nostro figlio ha la ragazza!».
  L’uomo annuì e ritornò alla sua rivista.
  «Va bene, cara».
  Lo fissò per un po’. Tossicchiò, irrequieta.
  «Amore, Simone ha la ragazza. Hai presente? Si è deciso a mettersi con qualcuna».
  Giulio, realizzando la notizia, alzò la testa di scatto e strabuzzò gli occhi. La rivista gli cadde di mano e afferrò i braccioli della propria poltrona.
  «Simone? Si è messo a posto? Con chi?».
  La donna scosse il capo e gli porse il biglietto che aveva portato con sé, avvicinandosi. Lui lo prese in fretta e lo lesse, con avidità. Si scambiarono uno sguardo e l’uomo sorrise complice. Poi si accorse del disagio della moglie.
  «Cosa c’è che non va, Silvia?».
  «Hanno fatto sesso, a scuola! Leggi bene il biglietto».
  Giulio lo rilesse e sbiancò. Poi iniziò a ridere.
  «Mio figlio è un rubacuori!».
  Lei scosse la testa, disperata, tenendosi il capo tra le mani.
  «Sarò nonna a breve! Si dovrà sposare!», esclamò melodrammatica.
  Il marito la fissò dapprima con sorpresa, poi con sufficienza.
  «Amore, non penso che sia uno sprovveduto, sarà stato attento».
  I due si guardarono per un po’, annuendo. Sì, il ragazzo si sarebbe ritrovato nel bel mezzo di un interrogatorio.

  Simone tornò a casa che era ormai ora di cena. Si sentiva così bene: era rilassato e felice. Non ne poteva certo fare parola con i suoi genitori, però. Non era sicuro avrebbero capito, non suo padre. Respirò a fondo e s’incamminò lungo il corridoio, lasciando chiavi e casco sul tavolino all’entrata del salotto.
  «Sono tornato!».
  «Ciao Simone», cantilenò Silvia.
Il ragazzo si tese. Perché sua madre usava quel tono? Cos’era successo? Alzò gli occhi per guardarla. La donna gli sorrideva ampiamente, gongolando. Lui si schiarì la gola, notando suo padre che arrivava dalla cucina annessa. L’uomo aveva il sorriso trionfante di qualcuno che la sa lunga.
«Cosa sta succedendo?», chiese con un brutto presentimento.
«Chi è lei?», proseguì la donna.
Simone la fissò interdetto. La donna continuò.
«La ragazza da cui sei andato oggi!».
«Mamma, sono andato da Miriam…».
«Quindi ti sei fatto bello per lei?», intervenne Giulio.
Simone si sentì arrossire. Scosse la testa.
«No, cioè sì, ero allegro, mi è venuta voglia!».
«Sì o no?», riprese la madre.
«Circa!», strillò lui.
Silvia ridacchiò e si avvicinò al figlio, ancheggiando.
«Quindi è di Miriam questa scrittura?».
Gli porse il bigliettino. Simone sbiancò. Aveva finalmente capito di cosa parlavano, era indubbiamente la grafia di Enrico. Dove avevano trovato quel foglio? Non l’aveva mai visto prima. La donna sembrò leggergli nella mente.
«L’ho trovato con un regalo sul tappetino d’ingresso, subito dopo che te ne sei andato».
Il diciassettenne respirò a fondo.
«No, vi sbagliate».
«Non siamo ciechi, ragazzo», intervenne Giulio.
Simone si limitò a scuotere il capo, respirando a fondo. La madre iniziò a girargli attorno, come avrebbe fatto un avvoltoio.
«Dai, come si chiama? È bionda, mora? Alta o bassa?».
«Niente di tutto ciò!», cercò d’interromperla il figlio, ma la donna continuava in congetture, supportata dal marito nell’arricchire di dettagli quest’ipotetica giovane.
«Non ho una ragazza», quasi urlò Simone.
La donna, dopo un istante di stasi, si volse disperata verso il marito.
«Visto? Oddio, oddio!».
Simone la fissò interdetto. Rivolse poi lo sguardo al padre, che sospirò.
«Quindi è stato un episodio di sesso occasionale?», cominciò ad interrogarlo lui.
Il ragazzo divenne di mille colori, strabuzzando gli occhi. Alzò le braccia al cielo, in segno di resa.
«No! Che vi è preso? Niente di tutto questo!».
Nel frattempo la madre elencava con foga la lista di tutte le cose che avrebbe dovuto organizzare per il matrimonio e il futuro bambino, girando irrequieta in tutta la stanza. Il figlio rabbrividì.
«Mamma, calmati! Non ho fatto sesso con nessuno, ho soltanto detto che non è una ragazza!».
«Sicuro, questo te l’ha dato un ragazzo!», scherzò isterica sua madre, fermandosi a guardarlo. Ma il silenzio che seguì servì da assenso a quella frase detta con leggerezza. E si scatenò il putiferio.
«No, non può essere! Ti vieto di stare con un uomo! Tu sei un uomo, devi stare con una donna!», sbraitò il padre. Era divenuto paonazzo e gesticolava come se picchiasse l’aria.
Simone lo fissò duramente, ferito.
«E tu sei un imbecille!».
«Come osi parlarmi così, insolente?!».
«L’insolente sei tu! Guardati! Ti fanno schifo gli omosessuali? Bene, a me fanno schifo gli uomini come te e sono contento di essere un figlio che disprezzi!».
Entrambi tremavano di rabbia. Giulio era senza parole e si avvicinò a Simone, alzando una mano per caricare uno schiaffo.
«Fermatevi!».
Silvia si avvicinò a loro, con il fiato corto. Li fissò a turno, sventolando il bigliettino per farsi aria.
«Siete forse impazziti? Vi sembrano cose da dire?».
Si voltarono entrambi verso di lei aprendo bocca, ma la donna alzò le mani per fermarli.
«Giulio caro, io so che non sei una cattiva persona. Sono scioccata quanto te da questa notizia, ma la tua reazione è esagerata». Silvia abbassò le mani e si rivolse poi al figlio. «Simone, tu sei stato veramente maleducato con tuo padre. Lo sai che si scalda con poco. Io voglio fare un discorso civile con te, per cui sei sicuro che stare con un ragazzo sia la tua natura e non un’idea errata?».
Giulio incrociò le braccia, studiando il figlio come se lo vedesse per la prima volta e non gli piacesse. Il giovane lo ignorò, puntando gli occhi in quelli della madre.
«Perché dovrebbe essere sbagliato? Mi avete sempre insegnato che devo amare chi mi tratta bene. Enrico lo fa e io sono sicuro di quello che provo per lui. Questo è quanto».
Il padre uscì a grandi passi dal salotto, raccogliendo un cuscino dal divano e lanciandolo dalla parte opposta della stanza.
«Sei pazzo Simone, pazzo! Ti farò curare!», urlò senza guardarlo, con disprezzo.
Il ragazzo si passò una mano sul viso e ritornò a fissare la madre, dopo aver visto ciò che faceva il genitore. Lei lo osservò, mentre tremava, e poi lo abbracciò.
«Tesoro, con tuo padre ci parlerò io, ok?».
Il diciassette ricambiò la stretta, con un singhiozzo. Silvia si separò da lui e gli sorrise forzata, prendendogli il viso tra le mani.
«A me basta che tu sia felice. Questo ragazzo, Enrico, è in grado di farti sentire bene?».
Simone annuì, con gli occhi lucidi. La madre gli lasciò andare il viso e sorrise questa volta con autenticità.
«Allora adesso lo voglio conoscere. Con papà andrà bene, non temere».
«Mi renderà tutto un inferno».
«Non dire così! Lasciagli solo del tempo. So io come prenderlo».
Si guardarono di nuovo negli occhi e si abbracciarono sorridenti, sentendosi più vicini che mai. Poi Silvia sussurrò dolce:
«Andiamo ad aprire quel regalo!».
 

P.S. E se vi chiedete cosa sia il regalo... Eheheh. :D Chiedete e vi sarà detto. XD